Oramai anche nello skyrunning molte gare si vincono nella fase di ritorno a valle. È importante sapere affrontare i pendii con i giusti accorgimenti tecnici. Ecco come migliorare e allenarsi per correre veloci verso il traguardo
testo di Eros Grazioli
Qualcuno ha detto: «in discesa pure i cocomeri vanno forte». Forse non è proprio così semplice. Ciò che per molti è una fase della corsa di recupero, in realtà diviene fondamentale per la ricerca di una buona performance in gara e per il mantenimento in salute della struttura scheletrica, specialmente per ciò che riguarda le articolazioni. È senza dubbio vero che nelle fasi di discesa la frequenza cardiaca si abbassa notevolmente, rendendo lo sforzo meno gravoso metabolicamente; è altrettanto certo però che è proprio in questa fase che si creano le maggiori differenze tra gli atleti in gara. Correre velocemente anche nei tratti di discesa vuol dire spesso passare a un’ottima performance, da una soltanto discreta. Prima ancora di occuparsi di tecnica, è necessario considerare che la corsa in discesa può essere annoverata tra i cosiddetti ‘lavori cedenti’; si tratta in realtà di frenare, di ammortizzare la caduta del corpo a terra e il suo spostamento verso valle. Come succede anche negli sport motoristici… vince chi frena meno! Qui, in realtà, il telaio è il nostro scheletro e quindi sono necessari accorgimenti tecnici per fare in modo che venga sempre mantenuto il controllo della corsa, nonostante le alte velocità, magari anche su terreno sconnesso.
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Se la pendenza in discesa non è elevata, busto e bacino dovrebbero rimanere perpendicolari al piano di appoggio, in modo che il baricentro del runner sia costantemente spinto in avanti. L’impatto a terra deve essere di avampiede o di medio piede (come succede nella corsa in pianura!), permettendo così la restituzione elastica della muscolatura dell’arto inferiore, soprattutto se l’inclinazione del terreno non è troppo elevata. Spingere anche in discesa piuttosto che frenare subendola: questa è la differenza tra un ottimo skyrunner e un discreto atleta! L’atterraggio sul retro piede (zona del tallone) potrebbe creare infortuni alle caviglie, alle ginocchia, persino alla colonna. Anche se parzialmente attutito dalla struttura delle scarpe, l’impatto a gamba tesa crea un’onda d’urto che si trasmette fino alla zona cervicale, tramite il bacino e la schiena, con una forza da 1,5 a 4 volte quella del peso corporeo. Questa errata biomeccanica causa inoltre lo spostamento delle spalle all’indietro, con il conseguente atteggiamento della cosiddetta ‘corsa seduta’ e la perdita di controllo.
Tanto più la discesa è poco pendente e facile, tanto più le braccia rimangono parallele tra loro e di fianco al busto; quando le pendenze aumentano e in particolare la discesa diventa più tecnica e difficile (con selciati, sentieri scivolosi o rocce), allora le braccia possono aprirsi leggermente, fungendo da bilancieri per un più facile mantenimento dell’equilibrio. La corsa in discesa è un po’ come una partita a scacchi: è necessario concentrarsi non su dove si mettono i piedi ma dove si metteranno tra tre o quattro appoggi! L’esperienza su diverse tipologie di terreno e l’allenamento alla coordinazione occhio-piede è in tal senso fondamentale. Anche se la corsa verso valle crea tensione emotiva, soprattutto per il timore di un infortunio, correre con spalle, collo, braccia rilassati è senza dubbio una scelta obbligatoria: è necessario fare recuperare alla muscolatura non strettamente coinvolta nel gesto tecnico (busto e braccia) le maggiori energie possibile. In precedenza, arrivare allo scollinamento con ancora un po’ di forze sia fisiche che mentali è certamente molto importante. La smania di buttarsi a capofitto in discesa per recuperare il tempo perso in salita, solitamente si rivela una pessima soluzione. Però anche la discesa è allenabile! Innanzitutto inserendo tratti da 200-300 metri non troppo pendenti, ma da correre sempre più velocemente, in modo da stimolare la capacità di anticipazione, la precisione e la reattività degli appoggi. È consigliabile poi introdurre nella programmazione anche ripetizioni di scollinamenti in cui si chiede all’atleta di correre velocemente un tratto da uno o due minuti in salita e poi altrettanto velocemente i seguenti due minuti in discesa, costretto a buona velocità e precisione nonostante la fatica prodotta precedentemente. Abituare inoltre la muscolatura alle contrazioni eccentriche con esercitazioni in palestra (ma anche a corpo libero!) di frenata aiuta le catene cinetiche a riconoscere la tipologia di contrazione e a dosare in modo intelligente e funzionale il loro intervento. Allenarsi ad appoggiare i piedi in modo reattivo e preciso, non dove capita ma dove è necessario, rimanere in spinta anche in discesa e assecondare lo spostamento a valle del corpo dell’atleta frenando in meno possibile sono spesso le scelte che distinguono un discreto amatore da un ottimo skyrunner!
Lo sapevi che…
L’impatto a gamba tesa crea un’onda d’urto che si trasmette fino alla zona cervicale, tramite il bacino e la schiena, con una forza da 1,5 a 4 volte quella del peso corporeo.
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Skyrunning teoria dell’allenamento, dell’autore di questo articolo, è un manuale specifico sulla preparazione dello skyrunning. Scritto da uno dei più quotati preparatori atletici del settore, colma un vuoto e libera, una volta per tutte, lo skyrunning da quell’immagine di ‘figlio minore’ dell’atletica, con l’indicazione di esercizi e allenamenti specifici per la corsa tra i monti. Imparare a correre su ogni terreno, pianificare gli obiettivi, allenarsi per raggiungerli… diventare un vero skyrunner.