Oramai anche nello skyrunning molte gare si vincono nella fase di ritorno a valle. È importante sapere affrontare i pendii con i giusti accorgimenti tecnici. Ecco come migliorare e allenarsi per correre veloci verso il traguardo

testo di Eros Grazioli

Qualcuno ha detto: «in discesa pure i cocomeri vanno forte». Forse non è proprio così semplice. Ciò che per molti è una fase della corsa di recupero, in realtà diviene fondamentale per la ricerca di una buona performance in gara e per il mantenimento in salute della struttura scheletrica, specialmente per ciò che riguarda le articolazioni. È senza dubbio vero che nelle fasi di discesa la frequenza cardiaca si abbassa notevolmente, rendendo lo sforzo meno gravoso metabolicamente; è altrettanto certo però che è proprio in questa fase che si creano le maggiori differenze tra gli atleti in gara. Correre velocemente anche nei tratti di discesa vuol dire spesso passare a un’ottima performance, da una soltanto discreta. Prima ancora di occuparsi di tecnica, è necessario considerare che la corsa in discesa può essere annoverata tra i cosiddetti ‘lavori cedenti’; si tratta in realtà di frenare, di ammortizzare la caduta del corpo a terra e il suo spostamento verso valle. Come succede anche negli sport motoristici… vince chi frena meno! Qui, in realtà, il telaio è il nostro scheletro e quindi sono necessari accorgimenti tecnici per fare in modo che venga sempre mantenuto il controllo della corsa, nonostante le alte velocità, magari anche su terreno sconnesso.

Marco De Gasperi in azione ©Alo Belluscio
Marco De Gasperi in azione ©Alo Belluscio

Se la pendenza in discesa non è elevata, busto e bacino dovrebbero rimanere perpendicolari al piano di appoggio, in modo che il baricentro del runner sia costantemente spinto in avanti. L’impatto a terra deve essere di avampiede o di medio piede (come succede nella corsa in pianura!), permettendo così la restituzione elastica della muscolatura dell’arto inferiore, soprattutto se l’inclinazione del terreno non è troppo elevata. Spingere anche in discesa piuttosto che frenare subendola: questa è la differenza tra un ottimo skyrunner e un discreto atleta! L’atterraggio sul retro piede (zona del tallone) potrebbe creare infortuni alle caviglie, alle ginocchia, persino alla colonna. Anche se parzialmente attutito dalla struttura delle scarpe, l’impatto a gamba tesa crea un’onda d’urto che si trasmette fino alla zona cervicale, tramite il bacino e la schiena, con una forza da 1,5 a 4 volte quella del peso corporeo. Questa errata biomeccanica causa inoltre lo spostamento delle spalle all’indietro, con il conseguente atteggiamento della cosiddetta ‘corsa seduta’ e la perdita di controllo.

 

Tanto più la discesa è poco pendente e facile, tanto più le braccia rimangono parallele tra loro e di fianco al busto; quando le pendenze aumentano e in particolare la discesa diventa più tecnica e difficile (con selciati, sentieri scivolosi o rocce), allora le braccia possono aprirsi leggermente, fungendo da bilancieri per un più facile mantenimento dell’equilibrio. La corsa in discesa è un po’ come una partita a scacchi: è necessario concentrarsi non su dove si mettono i piedi ma dove si metteranno tra tre o quattro appoggi! L’esperienza su diverse tipologie di terreno e l’allenamento alla coordinazione occhio-piede è in tal senso fondamentale. Anche se la corsa verso valle crea tensione emotiva, soprattutto per il timore di un infortunio, correre con spalle, collo, braccia rilassati è senza dubbio una scelta obbligatoria: è necessario fare recuperare alla muscolatura non strettamente coinvolta nel gesto tecnico (busto e braccia) le maggiori energie possibile. In precedenza, arrivare allo scollinamento con ancora un po’ di forze sia fisiche che mentali è certamente molto importante. La smania di buttarsi a capofitto in discesa per recuperare il tempo perso in salita, solitamente si rivela una pessima soluzione. Però anche la discesa è allenabile! Innanzitutto inserendo tratti da 200-300 metri non troppo pendenti, ma da correre sempre più velocemente, in modo da stimolare la  capacità di anticipazione, la precisione e la reattività degli appoggi. È consigliabile poi introdurre nella programmazione anche ripetizioni di scollinamenti in cui si chiede all’atleta di correre velocemente un tratto da uno o due minuti in salita e poi altrettanto velocemente i seguenti due minuti in discesa, costretto a buona velocità e precisione nonostante la fatica prodotta precedentemente. Abituare inoltre la muscolatura alle contrazioni eccentriche con esercitazioni in palestra (ma anche a corpo libero!) di frenata aiuta le catene cinetiche a riconoscere la tipologia di contrazione e a dosare in modo intelligente e funzionale il loro intervento. Allenarsi ad appoggiare i piedi in modo reattivo e preciso, non dove capita ma dove è necessario, rimanere in spinta anche in discesa e assecondare lo spostamento a valle del corpo dell’atleta frenando in meno possibile sono spesso le scelte che distinguono un discreto amatore da un ottimo skyrunner!

Lo sapevi che…

L’impatto a gamba tesa crea un’onda d’urto che si trasmette fino alla zona cervicale, tramite il bacino e la schiena, con una forza da 1,5 a 4 volte quella del peso corporeo.

Un libro per approfondire l’argomento

Skyrunning teoria dell’allenamento, dell’autore di questo articolo, è un manuale specifico sulla preparazione dello skyrunning. Scritto da uno dei più quotati preparatori atletici del settore, colma un vuoto e libera, una volta per tutte, lo skyrunning da quell’immagine di ‘figlio minore’ dell’atletica, con l’indicazione di esercizi e allenamenti specifici per la corsa tra i monti. Imparare a correre su ogni terreno, pianificare gli obiettivi, allenarsi per raggiungerli… diventare un vero skyrunner.